lunedì 30 aprile 2012

Il cammello e Zeus

Il cammello e Zeus      Pag.380 n.7 I greci:la lingua e la cultura 1


Il cammello,poichè il toro era lodato per le sue corna, era invidioso di lui e desiderava raggiungere l'imparzialità.Perciò giungeva presso Zeus, e lo pregva affinchè aggiungesse a lui delle corna. Zeus si adirò con lui,poichè il cammello non si accontentava della grandezza del corpo,ma desiderava delle misure notevoli, e non aggiungeva a lui un solo corno ma toglieva parte delle orecchie.Così molti a causa dell'avidità mettono gli occhi su altro e perdono il proprio.

venerdì 27 aprile 2012

Eracle a Gibilterra

Eracle a Gibilterra. Diodoro Siculo (p.250 n.289 Antropon Odoi)



Eracle dopo aver attraversato il deserto della Libia ed essendosi imbattuto in una regione irrigata e produttiva fondò una città mirabile in grandezza chiamata Ecatompili che chiamò così per il grande numero di porte di essa. La prosperità di questa città si è mantenuta sino ai nostri tempi più recenti nei quali i Cartaginesi dopo aver fatto una spedizione con truppe considerevoli e generali nobili contro essa e ne divenne padrona. Dopo aver attraversato buona parte della Libia,attraversò l'oceano presso Gadeira e pose delle colonne su entrambi i continenti.Navigando con lui una flotta,avendo attraversato la Spagna e essendosi imbattuto nei figli di Crisoare accampati con 3 grandi eserciti,sottomise la Spagna dopo aver sconfitto in duello tutti comandanti.

martedì 24 aprile 2012

La sudiceria

La sudiceria (p493 n1 I greci: la lingua e la cultura)

E' la fastidiosa trascuratezza del corpo che produce dolore: il sudicio infatti ha la scabbia e il leucoderma e trascorre la vita con le unghie nere e dice queste cose essere a lui un infermità congenita.Senza dubbio è capace di avere ferite negli stinchi e sbucciature sulle dita,e le ascelle hanno il pelo fino al fianco e i denti neri e cariati. E' punto, si gratta spesso e il soprabito fortemente sbucciato e colmo di macchie, ed è allontanato quando cammina presso la piazza.

Divinazione e apprendimento

Divinazione e apprendimento (p.188 n198 "I greci: la lingua e la cultura 2)



Socrate diceva che anche coloro che erano sul punto di abitare una città avevano bisogno della divinazione:riteneva infatti che tutte le discipline fossero raggiungibili dall'intelletto dell'uomo,ma che gli dei lasciassero per se stessi le discipline migliori,delle quali riteneva che nessuna era chiara agli uomini.Infatti nè a chi coltiva è ben chiaro cosa produrrà, nè a colui che coltiva è ben chiaro chi vi abiterà, nè al comandante è chiaro se conviene combattere. Diceva che certamente coloro che ritengono non esserci niente fra queste cose di sacro,sono invasati dal dio;ma diceva che erano invasati anche quelli che esercitavano la divinazione che in quelle cose agli uomini gli dei richiedevano di imparare a giudicare.

Troppi comandanti e pochi soldati

<<Troppo comandanti pochi soldati>> (versione 1 pagina 378 del libro: i greci la lingua e la cultura 1)


Poiché i macedoni stavano devastando il litorale dell'Attica( devastando i macedoni il litorale dell'Attica), Focione conduceva fuori gli uomini valorosi: accorrendo poi i soldati in aiuto a quello e esortando a impossessarsi della collina e qui schierare l'esercito, diceva " vedo molti comandanti e pochi soldati". Ma non certamente ingaggiava la battaglia con i macedoni e prevaleva e uccideva Micione, l'arconte dei nemici.

Un alleato inutile

Un alleato inutile

Un leone stava vagando sulla spiaggia, quando vede un delfino fare capolino, lo chiama per un alleanza, dicendo che era utile moltissimo gli uni verso gli altri amicizia e alleanza: infatti il delfino era il re degli animali marini, il leone di quella della terra. Questo accettava lietamente; dopo poco tempo il leone che aveva una battaglia con un toro, chiamò in aiuto il delfino; poiché il delfino, che voleva uscire dal mare, era impotente, il leone si offendeva del tradimento. Questo rispondendo diceva : "ma non mi biasimare, infatti sono un animale marino e incapace di camminare su
lla terra".

lunedì 23 aprile 2012

Demostene contro Filippo

Demostene contro Filippo. Demostene (versione 9 pagina 351 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

Ma, impossessandosi Filippo dell'Eubea e allestendo un baluardo sull'attica e assalendo i Magaresi e conquistando Oreo e abbattendo Portmo e mettendo Filistide in carica di tiranno a Oreo e Clitarco a Eretria e sottomettendo l'Ellesponto e asssediando Bisanzio e distruggendo le città greche e riconducendo a quelle gli esuli, è vero o no che era completamente la rovina di quelli e violava e infrangeva la pace? E' vero o no l'ergersi di uno dei greci che gli impedisse di compiere questi atti?

Costumi degli Egiziani

Costumi degli Egiziani.  Erodoto(versione 3 pagina 349 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

Gli Egiziani scrivono i caratteri da destra a sinistra. Infatti avendo due tipi di scritture, chiamano l'una divina, l'altra popolare. Bevono da coppe di rame che puliscono spesso. Indossano vestiti di lino sempre lavati da poco. I sacerdoti si rasano il corpo ogni tre giorni, affinché né un pidocchio né altro che contamina nasca su essi e si lavano due volte ogni giorno e due volte ogni notte con l'acqua fredda.

La padrona e le ancelle

La padrona e le ancelle. Esopo (versione 11 pagina 347 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

Una donna vedova, avendo delle serve laboriose, di notte le svegliava per i lavori al canto del gallo. Queste, essendo continuamente oppresse, decidevano che bisognava tirare il collo al gallo: infatti pensavano che quello fosse la causa delle cattiverie, poiché svegliava la padrona di notte. Così gli tiravano il colla, ma si imbattevano in peggiori cattiverie: infatti la padrona, non sapendo l'ora, a notte più fonda le svegliava per i lavori.

L'astronomo...con la testa tra le nuvole

L'astronomo...con la testa tra le nuvole. Esopo (versione 3 pagina 175 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

L'astronomo, ogni giorno, di sera, usciva e osservava le stelle. E dunque un giorno dedicava al cielo la sua totale attenzione e cadeva in una fossa. Un viandante dunque sentiva l'astronomo urlare e piangere, si avvicinava alla fossa, e, quando comprendeva il fatto, diceva all'astronomo: <<O sciocco, guardi i cieli con conoscenza e non vedi sulla terra?>>. Il discorso è adatto agli uomini che si vantano in modo sorprendente, ma non sono capaci di eseguire le cose normali per gli uomini

Il tesoro della vigna

Il tesoro della vigna. Esopo (versione 5 pagina 144 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

Un contadino sta per morire (letterale: lasciare la vita) e vuole mettere alla prova i suoi figli riguardo all'agricoltura. Dunque, dice ai figli che c'è un tesoro nella vigna. Questi, dopo la morte del padre, prendendo l'aratro e il forcone, durante tutto il giorno scavano la terra. Anche se non trovano il tesoro, durante la buona stagione, la vigna produce numerosissimi frutti. Così i giovani suppongono che il tesoro per gli uomini sia la fatica.

La tempesta

La tempesta. Esopo (versione 2 pagina 125 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

I tuoni rumoreggiano e i venti navigano con forza sopra il mare: allora i marinai sono spettatori e temono la tempesta. Ma il timoniere possiede esperienza, audacia e coraggio, e con sicurezza governa la nave. Là invece la luna è oscurata da tenebrose nuvole, la pioggia cade con forza, e (i marinai) non vedono più la costa. Le vele vengono fatte a pezzi e i marinai della poppa corrono a prua e obbediscono alla voce del timoniere. Infine, però, la tempesta cessa e la luna risplende di nuovo, e gli animi dei marinai gioiscono per la tranquillità e ora anche il timoniere sorride.

Consigli a chi cerca un amico

Consigli a chi cerca un amico (versione 3 pagina 108 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

Fuggi, o giovane, la compagnia del chiacchierone: infatti la chiacchiera e la ciarla non mostrano salute mentale. Fuggi anche i bugiardi: infatti l'ingiuria e la falsità distruggono l'onore: cogli anche il detto: <<La lingua uccide più della spada>>. Nell'amicizia, fuggi sia l'avaro, sia l'inganno, sia tutte le altre cattiverie. Infatti nell'amicizia soltanto la verità è benevolenza e virtù.

Il giudizio del pubblico

Il giudizio del pubblico (versione 9 pagina 106 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

Se gli interpreti sono bravi e lo spettacolo è bello, gli spettatori applaudono con gioia e semplicità; se invece la voce degli interpreti è gracile e il palco, il coro e le parole non coincidono, fischiano con vigore e criticano gli attori e il compositore.

La giornata delle ancelle

La giornata delle ancelle. Esopo (versione 4 pagina 82 del libro: I greci la lingua e la cultura 1)

Di buon mattina, le serve si mettono a lavoro; una pulisce il cortile della casa, un altra tesse, un altra ancora adorna la padrona con preziosi vestiti, poi un'altra ancora va alla piazza e compra il cibo necessario. Le serve rendono sempre bella la casa e lieta la stagione della padrona; infatti ogni giorno delle serve è ostile e a volte doloroso. Ma se la padrona è buona e generosa, alleggerisce le serve con una lunga pausa, in dono. Fino alla sera sono piene di lavori in casa; infine anche le serve trascorrono tranquillità e ascoltano i canti delle suonatrici di cetra.

Successi romani in Gallia Cisalpina

 Successi romani in Gallia Cisalpina [da Livio]



Minucius consul primo effusis populationibus peragraverat fines Boiorum, deinde, ut relictis Insubribus ad sua tuenda receperant sese, castris se tenuit acie dimicandum cum hoste ratus. Nec Boi detrectassent pugnam, ni fama Insubres victos allata animos fregisset; itaque relicto duce castrisque dissipati per vicos sua quisque ut defenderent, rationem gerendi belli hosti mutarunt. Omissa enim spe per unam dimicationem rei decernendae rursus populari agros et urere tecta vicosque expugnare coepit. Per eosdem dies Clastidium incensum. Inde in Ligustinos Ilvates, qui soli non parebant, legiones ductae. Ea quoque gens ut Insubres acie victos, Boios ita ut temptare spem certaminis non auderent territos audivit, in dicionem venit. Litterae consulum amborum de rebus in Gallia prospere gestis sub idem tempus Romam allatae. M. Sergius praetor urbanus in senatu eas, deinde ex auctoritate patrum ad populum recitavit; supplicatio in quadriduum decreta

Il console Minucio prima aveva attraversato i territori dei Boi essendosi diffusi i saccheggi,quindi,lasciati gli Insubri quando si erano riuniti per proteggere le proprie case, si tenne all'accampamento,pensando che si dovesse combattere con il nemico in campo aperto.E i Boi non avrebbero rifiutato la battaglia se la fama portata che gli Insubri erano stati sconfitti non avesse infranto gli animi; perciò lasciato il comandante e sparsi nei vari villaggi per difendere ciascuno le sue cose, mutarono la strategia di fare guerra al nemico. Infatti,persa la speranza di risolvere la cosa attraverso un solo scontro,di nuovo cominciò a saccheggiare i campi e ad espugnare i villaggi. Durante gli stessi giorni fu incendiato Casteggio. Da li le legioni furono condotte contro i Liguri Ilvati che unici continuavano a non obbedire. Anche questa popolazione come vene a sapere che gli Insubri che erano stati vinti in campo aperto e che i Boi eano spaventati a tal punto da non osare di sondare la speranza dello scontro, si arrese. Le lettere di entrambi i consoli, circa gli affari in Gallia furono portate felicemente a Roma nel medesimo tempo. M. Sergio pretore urbano la lesse a voce alta in senato,quindi grazie all'autorità dei senatori la recitò al popolo; fu decretata la festa nell'arco di 4 giorni.

domenica 22 aprile 2012

Risorse di Atene

Risorse di Atene, Senofonte, (dal libro "ανθρωπων οδοι" versione n.288 pag.249 )

Dunque a me che osservo, le cose che vidi mi rivelarono subito questa cosa, cioè che la regione di Atene è per natura tale da fornire moltissime risorse. Affinché si pensi che io dica ciò che è vero (letterale= che io racconti ciò vero), descriverò dapprima la morfologia dell'Attica. Poiché qui il clima è assai mite anche le cose che ne appartengono ne rendono testimonianza, le piante che in altri luoghi non potrebbero neppure fiorire, qui producono frutti. Come la terra, così anche il mare, che circonda la regione è molto produttivo. E appunto, gli Dei offrono proprio quante cose (vi sono) di bene nel clima e tutte queste cose qui cominciano ( a produrre) molto presto e finiscono molto tardi. La regione, non solo contiene alberi che sia fioriscono per un anno sia invecchiano, ma possiede anche beni eterni. Infatti in essa è per natura abbondante il marmo, dal quale vengono ricavati bellissimi templi da una parte, bellissimi altari dall'altra, ornamenti assai splendidi in onore degli Dei.
(dal libro: antropon odoi)

Traccie e appunti

Capitoli Promessi Sposi

Capitolo 1
Capitolo 11
Capitolo 25
Capitolo 37

mercoledì 18 aprile 2012

Il ratto delle Sabine

Il ratto delle Sabine (versione 34 pagina 117 del libro: Corso di lingua latina per il biennio unità 1-13)



Cum Romulus germanum Remum occidit et Romae unus dominus manet, magna molestia agiatur: paucae feminae enim Romae habitant et incolae familias filiosque non habent. Itaque Romulus callidum dolum parat, magnum ludorum spectaculum instruit et per nuntios ad ludos finitimum Sabinorum populum arcessit. Magna cum laetitia viri Sabini cum feminis Romam accurrunt et in rustico theatro assidunt. Dum Sabini spectaculo delectantur, Romani viri oculis notant pulchras Sabinas puellas. Denique Romulus signum dat et repente Romani feminas Sabinas rapiunt. Strenuo animo Romani et Sabini pugnant et per multos annos odium populos dissociat, sed denique Sabinae feminae Romae manent et Romani eas in matrimonium ducunt.




Quando Romolo uccide il fratello Remo e a Roma rimane un solo capo,  è agitato grande disagio: infatti a Roma abitano poche donne e gli abitanti non hanno famiglie e figli. E così Romolo prepara un astuto inganno, allestisce un grande spettacolo di giochi e tramite messaggeri fa venire ai giochi il vicino popolo dei sabini. Con grande gioia gli uomini sabini con le donne accorrono a roma e si siedono in un rustico teatro. Mentre i sabini sono rallegrati dallo spettacolo, gli occhi degli uomini romani notano le belle fanciulle sabine. Quindi Romolo da' un segno e subito i Romani rapiscono le donne sabine. Romani e Sabini combattono con animo valoroso e per molti anni l'odio divide i popoli, ma infine le donne sabine rimangono a roma e i Romani le sposano (lett.: le conducono in matrimonio).

Muzio Scevola

Muzio Scevola (versione 33 pagina 117 del libro: Corso di lingua latina per il biennio unità 1-13)



Mucii Scaevolae clara historia a Romanis traditur. Post Tarquinii Superbi exilium, a Porsenna, Tuscorum rege et Tarquinii amico,Roma obsidebatur. Mucius Porsennam occidere in animo habebat, sed eum ignorabat: itaque non Porsennam,sed alium virum gladio transfigit. Mucius statim capitur,gladio privatur et ante Porsennam ducitur. Interim ob sacrificium foculus prunis plenus adducebatur: dexterum brachium in focum Mucius imponit,et dicit:"Hoc brachium errabat,hoc brachium nunc punietur". A foco Mucii brachium consumitur: itaque "Scaevola" appellatur,quia "scaeva" sinistra significatur.





La famosa storia di Muzio Scevola è tramandata dai Romani. Dopo l'esilio di Tarquino il Superbo, Roma era assediata da Porsenna, re degli Etruschi e amico di Tarquinio. Muzio aveva intenzione di uccidere Porsenna, ma non lo conosceva: perciò con la spada non trafigge Porsenna, ma un altro uomo. Muzio viene subito catturato, privato della spada e condotto davanti a Porsenna. Intanto veniva portato per un sacrificio un focolaio pieno di brace: Muzio pone il braccio destro sul fuoco, e dice: "Questo braccio sbagliava, questo braccio ora è punito". Il braccio di Muzio viene consumato dal fuoco: perciò è chiamato "Scevola", poichè "scaeva" significa sinistra.

Il contadino e i suoi figli

Il contadino e i suoi figli (versione 31 pagina 116 del libro: Corso di lingua latina per il biennio: unità 1-13)



In clara Aesopi fabula industria laudatur et impigra vita magnum bonum putatur.Agricola ob morbum mortem adventare videt et vehementer laborat, quia liberi imperiti agri culturae sunt. Agricola tamen in animo habet agrum suum liberis relinquere. Itaque filios arcessit et dicit: " Cari liberi, nunc e vita discedo, sed vobis donum gratum relinquo: in vinea fodite et multas divitias invenietis". Post agricolae mortem, filii censent: " Thesaurus certe sub terra latet si assidua diligentia vineae terram effoderimus, pecunias reperiemus et copiosi erimus". Itaque per multas horas terram aratro vertunt et strenua cura thesaurum quaeritant, ed frustra. Terra tamen diu arata fecunda fit et vinea laetam uvam fundit: de hoc thesauro agricola filiis suis dicebat. 





Nello splendente racconto di Esopo viene lodata l'operosità e la vita operosa è considerata un gran bene. Un contadino vede avvicinarsi la morte a causa di una malattia e si preoccupa intensamente, poichè i figli sono inesperti di agricoltura. Nonostante ciò, il contadino ha intenzione di lasciare il campo ai figli. Perciò chiama i figli e dice: <<Cari figli, mi abbandona la vita, ma a voi lascio un dono gradito: zappate nella vigna e procuratevi molte ricchezze>>. Dopo la morte del padre, i figli decidono: <<se scaveremo la terra della vigna con incessante cura, troveremo ricchezze e saremo ricchi>>. Perciò per molte ore smuovono la terra con l'aratro e cercano il tesoro con operosa cura, ma inutilmente. Tuttavia la terra per molto tempo dissodata, diventa fertile e spande uva rigogliosa per la vigna: di questo tesoro il contadino diceva ai suoi figli.

Disperazione di Ottavia per la perdita del figlio Marcello [Seneca] pag.385 n27 -corso di lingua latina per il biennio

Disperazione di Ottavia per la perdita del figlio Marcello


Octavia, soror Augusti, amisit filium iuvenem Marcellum, adulescentem animo alacrem, ingenio potentem, patientem laborum, voluptatibus alienum. nullum finem per omne vitae suae tempus flendi gemendique fecit; ne avocari quidem se passa est intenda in unam rem et toto animo adfixa talis pero omnem vitam fuit qualis in funere, non solum non ausa consurgere, sed etiam adlevari recusans. nullam habere imaginem filii carissimi patiebatur, nullam sibi de illo fieri mentiorem. in odium habebat omnes matres. tenebris et solitudini familiarissima, ne ad fratrem quidem respicens, carmina celebrandae marcelli memoriae composita reiecit et aures suas ad fratrem quidem respicens, carmina celebrandae marcelli momorie composita reiecit et aures suas adversus omne solacium clusit. A sollemnibus officiis seducta et ipsam magnitudinis fraternae nimis circumlucentem fortunam exosa, defodit se et abdidit. adsidentibus liberis, nepotibus, lugubrem vestem numque deposuit


Ottavia,sorella di Augusto, perse il giovane figlio Marcello, ragazzo dall'animo vivace, dall'indole potente, capace di sopportare gli sforzi gli sforzi, estraneo al piacere durante tutta la vita il tempo di piangere e gemere non fece finire; non sopportò neppure di essere distratta (dal suo dolore); volta a una cosa e afflitta in tutto l'animo, fu tale per tutta la vita come nel funerale, non solo essendo riuscita a sollevarsi, ma rifiutando di essere confortata, non voleva avere nessuna immagine del figlio carissimo e che le fosse nominato quello. Aveva in odio tutte le madri. Amica solo del buio e della solitudine, non occupandosi neppure del fratello, respinse le poesia che erano state composte per celebrare il figlio Marcello, e chiuse le orecchie verso tutto il conforto per le sue disgrazie. Essendo appartata in cerimonie solenni e odiando profondamente la stessa gloria fraterna troppo splendente, si sotterrò e si allontanò. Nonostante fosse circondata dai figli e dai nipoti, non depose la veste da lutto.

Aspetti positivi della vecchiaia

Aspetti positivi della vecchiaia [Cicerone] pag. 385 n28 -corso di lingua latina per il biennio 14-25.


Causa, quae maxime angit et sollecitam facit nostram senectutem est appropinquatio mortis. sed mors aut plane neglegenda est, si omnino exstinguit animum, aut etiam optanda, si in aliquem locum eum deducit, ubi aeternus futurus sit. quis autem est tam stultus, quamvis sit adulescens, qui certum habebat se ad vesperum esse victurum? quod est ergo istud crimen (accusa [rivolta a] + gen) senectutis, cum id ei videatis cum adulescentia esse commune? at sperat adulescens diu se victurum esse: insipienter sperat. quid enim stultius est quam incerta pro certis habere, falsa pro veris? senex, contra, ne spem quidem habet; eius condicio meliot est quam adulescentis, cum id, quod ille sperat, hic consecutus est; alter cupit diu vivere, alter diu vivit. horae quidem cedunt et dies et menses et anni, nec praeteritum tempus umquam revertitur, nec quid sequatur scimus; omnes contendi esse debemus tempore, quoc cuique ad vivendum datur.


Il motivo che più tormenta e rende inquieta la nostra vecchiaia è l'avvicinamento della morte. Ma la morte o deve essere completamente disprezzata, se spegne del tutto l'animo, o anche cercata, se lo conduce in qualche luogo dove sia destinato a essere eterno. Chi invece è tanto stolto, per quanto sia giovane, da avere per certo di vivere fino alla vecchiaia? Qual è dunque codesta accusa rivolta alla vecchiaia, dal momento che vedete che essa ha in comune ciò con l'adolescenza? E il giovane spera di vivere a lungo: ma spera scioccamente. Che cosa infatti è più stolto di dare per certe le cose incerte e per vere le cose false? Il vecchio, al contrario, certamente non ha speranza; la sua condizione è migliore di quella del giovane, in quanto, poichè quello spera, questo lo segue di conseguenza; l'uno spera di vivere a lungo, l'altro ha vissuto a lungo. Certamente passano le ore, i giorni, i mesi e gli anni, e il passato non ritorna mai, nè conosciamo il futuro; dobbiamo tutti essere felici del tempo, che è dato a ciascuno per vivere.

La carriera politica di Catone

La carriera politica di Catone  [Nepote] pag 384 n28 -corso di lingua latina per il biennio


Marcus Cato, ortus municipio Tusculo, adulescentulus, priusquam honoribus operam daret(partecipare alla vita politica), versatus est in Sabinis, quod ibi heredium a patre relictum habebat. Inde hortatu Lucii Valerii Flacci, quem in consulatu censuraque habuit collegam, ut Marcus Perpenna narrare solitus est, Romam demigravit in foroque esse coepit . Primum stipendium meruit annorum decem septemque. Quinto Fabio Marco Claudio consulibus tribunus militum in Sicilia fuit. Inde ut rediit, castra secutus est Cai Claudii Neronis, magnique  opera eius existimata est in proelio apud Senam, quo cecidit Hasdrubal,frater Hannibalis. Quaestor obtigit Publio Africano consuli,a quo perpetua dissensit vita. Aedilis plebi factus est cum Caio Helvio. Praetor provinciam obtinuit Sardiniam, ex qua Quintum Ennium poetam deduxerat, quod non minoris aestimamus quam quemlibet amplissimus Sardiniensem triumphum.


Marco Catone, nato nel municipio di Tusculo, da adolescente, prima di entrare nella vita politica, visse nella Sabina, poichè qui possedeva un podere abbandonato ereditato dal padre. Su esortazione di Lucio Valerio Flacco, che ebbe come collega in consolato e in censura, come Marco Perpenna è solito narrare, da quel luogo si trasferì a Roma ed iniziò a entrare nella vita politica. Dapprima prestò servizio militare per diciassette anni. Sotto il consolato di Quinto Fabio e Marco Claudio fu tribuno dei soldati in Sicilia. Appena tornò da quel luogo, seguì l'accampamento di Caio Claudio Nerone, e molto fu valutato il suo impiego nella battaglia presso Sena, nella quale Asdrubale, fratello di Annibale, rimase ucciso. Toccò in sorte come questore sotto iol consolato di Publio Africano, con il quale non andò mai d'accordo per tutta la vita. Fu eletto edile con Caio Elvio dalla plebe. Ottene la carica di pretore nella provincia della Sardegna, dalla quale aveva condotto il poeta Quinto Ennio, la qual cosa stimiamo non di meno di un qualsiasi importantissimo trionfo sardo

martedì 17 aprile 2012

Liberiamoci dalla schiavitù del tempo

Liberiamoci dalla schiavitù del tempo; Seneca; Corso di lingua latina per il biennio



Tamquam semper victuri vivitis, numquam vobis fragilitas vestra succurrit, non observatis quantum iam temporis transierit; velut ex pleno et abundanti perditis, cum interim fortasse ille ipse qui alicui vel homini vel rei donatur dies ultimus sit. Omnia tamquam mortales timetis, omnia tamquam immortales concupiscitis. Audies plerosque dicentes: "A quinquagesimo anno in otium secedam, sexagesimus me annus ab officiis dimittet." Et quem tandem longioris vitae praedem accipis? Quis ista sicut disponis ire patietur? Non pudet te reliquias uitae tibi reservare et id solum tempus bonae menti destinare quod in nullam rem conferri possit? Quam serum est tunc vivere incipere cum desinendum est! Quae tam stulta mortalitatis oblivio in quinquagesimum et sexagesimum annum differre sana consilia et inde uelle uitam inchoare quo pauci perduxerunt!




Vivete come se doveste vivere per sempre, mai la vostra debolezza vi venne in aiuto, non considerate quanto tempo è già trascorso; perdete tempo, mentre intanto forse quello stesso giorno, che è donate, è l'ultimo. Temete ogni cosa come i mortali, desiderate ogni cosa come i mortali, Sentirai molti che dicono: <<A cinquant'anni mi ritirerò, a sessant'anni mi dimetterò dagli incarichi>>. E che garanzia hai di una vita così lunga?  Non ti vergogni di riservare a te i resti della vita e di destinare alla buona riflessione solo lo stesso tempo che non può essere utilizzato in nessuna cosa? Allora quanto tardi è iniziare a vivere, quando si deve morire! Che sciocca dimenticanza è differire i buoni consigli a cinquant'anni e a sessant'anni e quindi voler iniziare la vita dal punto in cui pochi arrivarono!

Pausania

Pausania; Nepote; Corso di lingua latina per il biennio



Pausanias Lacedaemonius magnus homo, sed varius in omni genere vitae fuit: nam ut virtutibus eluxit, sic vitiis est obrutus. Huius illustrissimum est proelium apud Plataeas. Namque illo duce Mardonius, satrapes regius, natione Medus, regis gener, in primis omnium Persarum et manu fortis et consilii plenus, cum CC milibus peditum, quos viritim legerat, et XX equitum haud ita magna manu Graeciae fugatus est, eoque ipse dux cecidit proelio. Qua victoria elatus plurima miscere coepit et maiora concupiscere. Sed primum in eo est reprehensus, quod [cum] ex praeda tripodem aureum Delphis posuisset epigrammate scripto, in quo haec erat sententia: suo ductu barbaros apud Plataeas esse deletos, eiusque victoriae ergo Apollini id donum dedisse. Hos versus Lacedaemonii exsculpserunt neque aliud scripserunt quam nomina earum civitatum, quarum auxilio Persae erant victi.




Lo spartano Pausania fu un grande uomo, ma versatile in ogni situazione della vita: infatti, come brillò nelle virtù, così fu sopraffatto dai vizi. Di questo è famosissima la battaglia presso Platea. Infatti, sotto la sua guida, Mardonio, satrapo regio, proveniente dalla Media, genero del re, abile nel combattere e colmo di saggezza, con 200.000 fanti, i quali aveva scelto personalente, e con 20.000 cavalieri, fu messo in fuga da un piccolo manipolo greco, e lo stesso comandante morì in battaglia. Pausania, esaltato da questa vittoria, iniziò a sconvolgere molte cose e ad aspirare a mete più alte. Ma soprattutto fu rimproverato per questo: pose a Delfi un tripode d'oro con un epigramma inscritto, su cui c'era questa sentenza: <<Sotto la sua guida, I barbari erano stati sconfitti presso Platea, per questa vittoria diedi un dono ad Apollo>>. Gli Spartani raschiarono via questi versi e non scrissero altro che i nomi di quelle città, con l'aiuto delle quali erano stati sconfitti i Persiani.

Ancora tre aneddoti su Demonatte

Ancora tre aneddoti su Demonatte. Luciano (versione 3 pagina 261-262 del libro: I greci la lingua e la cultura 2)

Demonatte, essendosi avvicinato a un uomo che era in lutto per il figlio e che era rinchiuso nel buio, diceva di essere un mago e di poter resuscitare (ricondurre) il fantasma del figlio, solo se gli avesse nominato tre certi uomini che non hanno mai sofferto; avendo esitato molto per ciò ed essendo imbarazzato -infatti non era in grado di dire, ritengo, tale cosa- <<Allora>>, diceva, <<O stolto, credi di soffrire solo (tu) dolori pur non vedendo nessuno esente dal dolore?>>. Ad Admeto, un certo poeta, che diceva di aver scritto un epigramma di un solo verso, che ha ordinato nel suo testamento di scrivere sulla stele <<O Terra, libera il corpo di Admeto, gridò costui al dio>>, disse ridendo: <<O Admeto, l'epigramma è così bello, che vorrei fosse già inciso>>. Quando gli abitanti dell'Elide fecero una statua di bronzo per lui, che si recava ad Olimpia, disse: <<Non pensiate in alcun modo, o uomini dell'Elide, di rimproverare i vostri antenati, poiché non hanno dedicato una statua né a Socrate né a Diogene>>.

Rispetto e affetto degli ateniesi per Demonatte

Rispetto e affetto degli ateniesi per Demonatte. Luciano (versione 2 pagina 261 del libro: I greci la lingua e la cultura 2)
Visse quasi cento anni (anni che mancavano quasi a cento), esente da malattie, esente da dolore, non avendo mai disturbato nessuno riguardo qualcosa né avendo mai chiesto qualcosa, utile agli amici, senza mai nessun nemico; e sia gli stessi ateniesi che tutta la Grecia ebbero verso di lui un amore tanto grande che, quando era presente, gli arconti si alzavano (in rispetto di quello), e da parte di tutti era mantenuto il silenzio. Alla fine, ormai vecchissimo, pur non essendo stato invitato, pranzava e dormiva nella casa verso la quale era andato, credendo gli abitanti che fosse una certa apparizione divina e che si fosse presentata a loro, in casa, una buona divinità. Le panettiere poi lo tiravano verso di sé, quando passava, ciascuna pensando che fosse giusto che prendesse da lei le pagnotte, e colei che le aveva date riteneva ciò una buona cosa per sé. E inoltre i bambini gli offrivano frutti chiamandolo padre.

domenica 15 aprile 2012

Sulpicio Gallo predice un'eclissi di luna (Livio)



Dopo aver fortificato gli a.C.campamenti C.Sulpicio Gallo, tribuno militare della seconda legione, che era stato pretore l'anno precedente, per concessione del console preannunciò ai soldati (per questo) radunati che la prossima notte,la Luna si sarebbe eclissata(sarebbe venuta a mancare) dalla seconda alla quarta ora; cosa che si può predire e conoscere in anticipo in base all'ordine naturale dei tempi passati.E come non ci si stupisce del fatto che la Luna ora splenda a disco pieno, ora con un esigua falcetta, così non si deve considerare un prodigio il fatto che venga oscurata dall'ombra della Terra. E nella notte quando all'ora annunciata la Luna si oscurò, la sapienza di Gallo apparve ai soldati romani quasi divina ma il fatto si mostrò ai macedoni come un triste prodigio, portando la caduta del regno e lo sterminio del popolo. Ci furono un grido e un urlo nell'accampamento macedone, finchè la luna non apparse nella sua luce

sabato 14 aprile 2012

Zeus e la tartaruga

Zeus e la tartaruga (versione 126 pagina 138 del libro: ανθρωπων οδοι)

Per la fine del matrimonio, Zeus invitava tutti gli animali ad un abbondantissimo banchetto. Non essendo presente solo la tartaruga, il giorno seguente Zeus, non sapendo la causa dell'assenza, chiedeva alla tartaruga perchè solo lei non era arrivata al pranzo. Questa disse in risposta: <<Casa propria, casa migliore>>. Ma Zeus si adirava e ordinava che la tartaruga trasportandola portasse in giro la casa. In questo modo molti tra gli uomini preferiscono vivere frugalmente piuttosto che condurre una vita riccamente presso gli altri

Le rane vicine di casa

Le rane vicine di casa. Esopo (versione 3 pagina 499 del libro: I greci la lingua e la cultura)

Due rane erano vicine tra loro. Abitavano una in uno stagno profondo e lontano dalla strada, l'altra sulla strada stando in una piccola pozzanghera. E inoltre quella nello stagno esortava l'altra a trasferirsi da lei, per godere di una migliore e più sicura vita, e quella non veniva persuasa dicendo che era difficile staccarsi dalla dimora abituale, finché accadde che, non vedendola, un carro la schiacciò. In questo modo, anche tra gli uomini, coloro che sono attaccati alle sciocche abitudini vanno in rovina, piuttosto che cambiare in meglio.

I ladri e il gallo

I ladri e il gallo. Esopo (dal libro I greci: la lingua e la cultura)

Dei ladri entrano in una casa e non trovano nient'altro che un gallo; e avendolo preso se ne vanno. Questo, essendo sul punto di essere ucciso, li pregava affinché venisse slegato, pur dicendo di essere utile agli uomini, svegliandoli di notte in vista dei lavori. Questi dicevano: <<ma anche noi ti uccidiamo per questo: svegliando quelli infatti non ci permetti di rubare>>.

venerdì 13 aprile 2012

Capitolo 25


Nel paesello dei due sposi è ormai giunta la notizia del rapimento e della successiva liberazione di Lucia. Saputi gli ultimi avvenimenti, la gente trova il coraggio per manifestare il suo odio verso Don Rodrigo, Azzecca-Garbugli e gli altri amici del signorotto. Quest'ultimo, beffato dalle notizie ricevute e desideroso di non incontrare il cardinale che sta visitando uno a uno i paesi vicini a Lecco, parte per Milano scortato dal Griso e dagli altri bravi. Gli abitanti del villaggio accolgono gioiosamente il vescovo, ostentando il loro consenso verso Federigo nell'abbellire l'arco trionfale; soltanto Don Abbondio è infastidito da quell'arrivo e teme che il cardinale lo possa rimproverare per non aver sposato i due giovani. Dopo un primo colloquio tra il curato e Federigo, si decide di inviare una lettiga alla casa del sarto per riportare Lucia e Agnese al paese e discutere con loro una futura sistemazione. Nei giorni precedenti al loro arrivo in paese, giunge loro la richiesta di una certa donna Prassede, la quale, incuriosita dalla vicenda di Lucia e intenzionata ad allontanarla da Renzo, che considera un poco di buono, le offre alloggio nella sua villa vicino Milano. Così, ottenuto l'assenso delle due donne, Donna Prassede fa redigere dal marito Don Ferrante una lettera nella quale informa il vescovo della decisione presa. Federigo, accettata la soluzione proposta dalla nobildonna, si rivolge a Don Abbondio, ammonendolo per il suo comportamento codardo e timoroso, per il quale si è reso colpevole di anteporre la paura per la propria vita ai doveri sacerdotali assunti su di se al momento della decisione di prendere i voti.

Capitolo 11


Dopo l'arrivo di Lucia al convento di Monza, il narratore torna indietro nel tempo e riporta in scena Don Rodrigo che attende nervosamente il ritorno dei bravi. All'arrivo, il Griso annuncia il fallimento della spedizione e riceve severi rimproveri dal signorotto. Dopo aver discusso riguardo la notte degli imbrogli, i due concordano una strategia per scoprire se vi siano state fughe di notizie sul progetto di rapimento. Il conte Attilio viene informato dallo stesso Don Rodrigo del fallito rapimento e, dopo averlo sbeffeggiato e punzecchiato con i soliti sarcasmi, incolpa di questa sciagura fra Cristoforo. Attilio decide così di recarsi dal Conte Zio, un uomo politico membro del Consiglio Segreto di Milano, al quale chiederà il trasferimento del frate in un altro convento, lontano da Pescarenico. Intanto, al ritorno del Griso, dalla sua relazione emergono i vari dettagli della notte, che i diversi testimoni, a cominciare da Perpetua, hanno riferito ciascuno a suo modo. Manca solo da scoprire dove i fuggiaschi si siano rifugiati, ma il segreto viene presto scoperto. Infatti, il bravo è venuto a sapere che Lucia è stata accolta in un convento di Monza. Il nobile incarica allora il sicario di proseguire là le ricerche: il Griso, che proprio a Monza è maggiormente ricercato dalla giustizia, cerca di rifiutare, ma alla fine obbedisce agli ordini del padrone. Nel frattempo, Renzo raggiunge Milano in fermento per un inatteso aumento del prezzo del pane. Il giovanotto capisce di esser giunto in una città sollevata. Il giovane capisce ciò dopo aver notato della farina e delle pagnotte sparse a terra e dopo aver assistito ad una particolare scena, in cui una famiglia trasporta i viveri con affanno. Si propone comunque di recarsi al convento dei cappuccini, dove, per l'appunto, padre Bonaventura, al quale Renzo deve rivolgersi, è assente. Così, Renzo, incuriosito, si muove verso il tumulto.

Le strategie di Cabria

Le strategie di Cabria


Cabria, dopo aver navigato verso la città nemica, di notte fece sbarcare la fanteria leggera; all'alba egli si trovava nel porto, ancora lontano dalla città. Essi uscirono dalla città otacolandoli a scendere dalle navi;i fanti in seguito, per sfuggire all'imboscata, alcuni di essi li uccisero, altri invece, dopo averli catturati, li condussero via, una volta che quelli montarono sulle navi.
Egli, approdato sull'isola Egina e fatti sbarcare trecento uomini,navigò verso un luogo favorevole.
Quelli, dopo aver fatto una sortita dalla città, si schieravano contro quelli che sbarcavano e ne uccidevano molti, ma egli velocemente entrò in città navigando.I cittadini, avendo temuto che sarebbero stati chiusi fuori dalla città, dopo aver abbandonato la battaglia contro i trecento, si ritirarono in città.

mercoledì 11 aprile 2012

Una morte improbabile

Consultando un tale l'oracolo riguardo a suo figlio, che era un fanciullo, gli indovini predicevano che sarebbe stato ucciso da un corvo. Perciò, essendo spaventato, avendo costruito un grandissimo baule, lo chiuse in esso, badando che non fosse ucciso da un corvo. E portava a termine le premure stabilite, portando anche, aprendolo (il baule), i nutrimenti necessari. E un giorno, avendolo aperto poichè aveva aggiunto un coperchio, il fanciullo fece capolino all'improvviso. Accadde quindi che il corvo del baule uccidesse quello, che aveva battuto la testa.

giovedì 5 aprile 2012

Carriera di Catone il censore

Carriera di Catone il censore

Marcus Cato, ortus municipio Tusculus, adulescentulus, priusquam honoribus operam daret, versatus est in Sabinis, quod ibi heredium a patre relictum habebat. Inde hortatu Lucii Valerii Flacci, quem in consulatu censuraque habuit collegam, ut Marcus Perpenna narrare solitus est, Romam demigravit in foroque esse coepit . Primum stipendium meruit annorum decem septemque. Quinto Fabio Marco Claudio consulibus tribunus militum in Sicilia fuit. Inde ut rediit , castra secutus est Cai Claudii Neronis, magnique opera eius existimata est in proelio apud Senam, quo cecidit Hasdrubal,frater Hannibalis. Quaestor obtigit Publio Africano consuli,a quo perpetua dissensit vita . Aedilis plebi factus est cum Caio Helvio. Praetor provinciam obtinuit Sardiniam, ex qua Quintum Ennium poetam deduxerat, quod non minoris  aestimamus quam quemlibet amplissimus Sardiniensem triumphum.

Marco Catone, nato nel municipio di Tusculo, da giovane, prima che si dedicasse alla politica, visse a Sabina, in cui aveva un podere lasciato dal padre. Da quel luogo, su esortazione di Lucio Valerio Flacco, che ebbe nel consolato e nella censura come collega, come è solito narrare Marco Perpenna, si trasferì a Roma e iniziò a frequentare il foro. Guadagnò la sua prima paga a 17 anni. Fu tribuno dei soldati in sicilia sotto il consolato di Quinto Fabio e Marco Claudio. Appena tornò da quel luogo, si diresse verso l'accampamento di Caio Claudio Nerone e molto fu apprezzato il suo lavoro nella guerra presso Sena, in cui morì Asdrubale, fratello di Annibale. Come questore, toccò in sorte al console Publio Africano, col quale non fu d'accordo per tutta la vita. Con Caio Elvio fu eletto edile della plebe. Come pretore ottenne la provincia della Sardegna, dalla quale aveva portato via il poeta Quinto Ennio, la quale cosa non consideriamo di meno di qualunque grandissimo trionfo sardo. 

Vita di Annibale

Vita di Annibale

Hannibal, Hamilcaris filius, Carthaginiensis. Si verum est, quod nemo dubitat, ut populus Romanus omnes gentes virtute superarit, non est infitiandum Hannibalem tanto praestitisse ceteros imperatores prudentia, quanto populus Romanus antecedat fortitudine cunctas nationes. Nam quotienscumque cum eo congressus est in Italia, semper discessit superior. Quod nisi domi civium suorum invidia debilitatus esset, Romanos videtur superare potuisse. Sed multorum obtrectatio devicit unius virtutem.  Hic autem velut hereditate relictum odium paternum erga Romanos sic conservavit, ut prius animam quam id deposuerit, qui quidem, cum patria pulsus esset et alienarum opum indigeret, numquam destiterit animo bellare cum Romanis.


ANNIBALE, figlio di Amilcare,fu Cartaginese. Se è vero, cosa di cui nessuno dubita, che il popolo romano ha superato in valore tutte le nazioni, non si deve negare che Annibale di tanto superò gli altri generali in prudenza, quanto il popolo romano supera in forza tutte le nazioni. Infatti,tutte le volte che Annibale si scontrò con lui in Italia ne uscì sempre vincitore. Sembra che avrebba potuto sconfiggere i romani, se in patria non fosse stato indebolito dall'odio dei suoi concittadini,. Ma la maldicenza di molti sconfisse la virtù di uno solo. Questi però mantenne l'odio paterno verso i Romani lasciatogli come in eredità a tal punto che abbandonò prima la vita che di questo; lui che, essendo stato esiliato e avendo bisogno dell'aiuto altrui,mai nell'animo rinunciò a combattere con i romani.

Rucillo ed Eco, due temerari disertori (III)

Rucillo ed Eco, due temerari disertori (III)

Quod Roucillus et Aecus erant honesto loco nati et instructi liberaliter magnoque comitatu et multis iumentis venerant virique fortes habebantur et in honorem apud Cesarem fuerant, quodque novum id et praeter consuetudinem acciderat, Pompeius eos omnia sua praesidia circumduxit atque ostentavit. Nam ante id tempus nemo aut miles aut eques a Cesare ad Pompeium transierat, cum paene cotidie nonnulli a Pompeio ad Cesarem profugerent, vulgo vero universi in Epiro atque Aetolia circumscripti milites omnibusque iis regionibus, quae a Caesare tenebantur.
Sed hi omnia cognita habebant: quod in Caesaris munitionibus perfectum non erat quodque a peritioribus  rei militiaris desiderari videbatur. Ergo haec ad Pompeium omnia detulerunt.


Poichè Rucillo ed Eco erano di stirpe illustre ed erano stati educati in modo degno di un uomo libero ed erano arrivati con un grande seguito e con molte bestie da soma e venivano considerati uomini forti ed erano stati in onore presso Cesare, e poichè era accaduto questo fatto insolito e fuori della norma, Pompeo li condusse in giro per tutte le sue guarnigioni e le mostrò a loro. Infatti prima di quel tempo nessuno o soldato o cavaliere era passato da Cesare a Pompeo, mentre quasi ogni giorno alcuni passavano da Pompeo a Cesare, in gran numero poi tutti i soldati arruolati in Epiro e in Etolia e in tutte quelle regioni che erano occupate da Cesare. Ma questi avevano tutti i fatti ben noti; ciò che non era stato compiuto nel lavoro di fortificazione di Cesare e ciò di cui a giudizio degli esperti militari sembrava non andare bene. Quindi queste cose furono tutte riferite a Pompeo.

Rucillo ed Eco, due temerari disertori (II)

Rucillo ed Eco, due temerari disertori (II)

Caesar neque tempus illud animadversionis esse existimans et multa virtuti corum concedens rem totam distulit; illos secreto castigavit, quod quaestui equites haberent, monuitque, ut ex sua amicitia omnia exspectarent et ex praeteritis suis officiis reliqua sperarent. Magnam tamen haec res illis offensionem et contemptionem ad omnes attulit, idque ita esse cum ex aliorum obiectationibus tum etiam ex domestico iudicio atque animi conscientia intellegebant. Quo pudore adducti et fortasse non se liberari, sed in aliud tempus reservari arbitrati discedere a nobis et novam temptare fortunam novasque amicitias experiri constituerunt. Et cum paucis collocuti clientibus suis, quibus tantum facinus committere audebant, primum conati sunt praefectum equitum C. Volusenum interficere, ut postea bello confecto cognitum est, ut cum munere aliquo perfugisse ad Pompelum viderentur; postquam id difficilius visum est neque facultas perficiendi dabatur, quam maximas potuerunt pecunias mutuati, proinde ac si suis satisfacere et fraudata restituere vellent, multis coemptis equis ad Pompeium transierunt cum eis, quos sui consilii participes habebant.



Cesare, giudicando che quello non era il momento per punizioni, con atto di grande condiscendenza per il loro valore, differì l'intera disputa; li rimproverò privatamente per i guadagni sui cavalieri, ricordando loro che dovevano attendersi ogni bene solo dalla sua amicizia e sperare, come per il passato, in altri suoi favori. Questa vicenda tuttavia recò loro grande offesa e il disprezzo da parte di tutti, e tale disprezzo lo coglievano sia dai rimproveri degli altri sia dal giudizio e rimorso della propria coscienza. Spinti da questa vergogna e credendo forse di non essere assolti, ma di venire risparmiati solo temporaneamente, decisero di allontanarsi da noi e tentare una nuova sorte, sperimentando nuove amicizie. E accordatisi con qualche loro cliente, che osarono mettere a parte di una simile azione delittuosa, dapprima tentarono di uccidere il prefetto di cavalleria C. Voluseno, come in seguito, a guerra finita, si venne a sapere, per potere trovare rifugio da Pompeo con qualche benemerenza; quando la cosa apparve troppo difficile e non vi era possibilità di condurla a termine, preso a prestito quanto più denaro poterono, come se volessero dare soddisfazione ai loro compagni e restituire il mal tolto, dopo avere comprato molti cavalli, passarono dalla parte di Pompeo con i complici del loro piano.

Due re etruschi di Roma

Due re etruschi di Roma

Post Ancum Marcium, regnum Priscus Tarquinius accepit. Hic numerum senatorum duplicavit, circum Romae aedificavit, ludos Romanos instituit, qui ad nostram memoriam permanent. Vicit idem etiam Sabinos et non parvos agros sublatos iisdem, urbis Romae territorio iunxit primusque triumphans urbam intravit. Muros fecit et cloacas, Capitolium inchoavit. Tricesimo octavo imperii anno per Anci filios occisus est, regis eius , cui ipse successerat. Post hunc Servius Tullius suscepit imperium , genitus ex nobili femina , captiva tamen et ancilla . Hic quoque Sabinos subegit , montes tres , Quirinalem, Viminalem, Esquilinum, urbi adiunxit, fossas circum murum duxit. Primus omnium censum ordinavit, qui adhuc per orbem terrarum incognitus erat. Sub eo Roma habuit octoginta tria mila civium romanorum cum his, qui in agris erant. Occisus est scelere generi sui Tarquini Superbi, filii eius regis, cui ipse successerat , et filiae , quam Tarquinius habebat uxorem.


Dopo Anco Marzio, Tarquinio Prisco ricevette il potere. Questo raddoppiò il numero dei senatori, edificò il circo a Roma, istituì i giochi pubblici romani, che rimangono nella nostra memoria. Lo stesso vinte i Sabini e non pochi campi presi alle stesse città congiunse al territorio di Roma ed entrò per primo trionfante in città. Costruì le mura e le fogne, intraprese la costruzione del tempio di Giove. Nel trentottesimo anno di potere fu ucciso per mano del figlio Anco, il suo re, al quale egli stesso era succeduto. Dopo questo, prese il comando Servio Tullio, generato da una donna nobile, tuttavia prigioniera e serva. Anche questo sottomise i Sabini, unì alla città tre colli, il Quirinale, il Viminale, l'Esquilino, e tracciò un fossato attorno al muro. Per primo ordinò il censimento di tutti, che fino ad allora era sconosciuto in tutto il mondo. Sotto di lui, roma ebbe 83.000 cittadini romani compresi quelli che erano nei campi (con questi che erano nei campi). Fu ucciso da una scelleratezza del suo genero, Tarquinio il Superbo, figlio del suo re, a cui egli stesso era succeduto, e dalla figlia, che Tarquinio aveva come moglie.

Liberiamoci dalla schiavitù del tempo

Manlio e Camillo difendono Roma dai Galli

Cum Galli Senones, Relictis ob sterilitatem agris suis, Clusium, Italiae oppidum, obsiderent, missi sunt Roma tre (tre, nom.) Fabii, qui Gallos monerent ut ab oppugnatione desisterent. Ex quibus unus, contra ius gentium (diritto delle genti), in aciem processit et ducem Senonum interfecit. Propter quam rem Galli, petitis in decitionem legatis nec impetratis, Romam petiverunt et exercitum Romanorum apud Alliam fluvium ceciderunt. Victores Galli urbem intraverunt, ubi nobilissimos senum primum ut deos coluerunt, deinde ut homines interfecerunt. reliqua iuventus cum Manlio in Capitolium fugit, ubi Camilli virtute est servata. Camillus autem, qui interim dictator dictus erat, ex improviso Gallos occidit et postea populum Romanorum, qui Veios migrare optabat, retinuit. Sic et oppidum civibus et cives oppido reddidit.


Mentre i Galli Senoni, abbandonati i loro campi a causa della carestia, assediavano Chiusi, città dell'Italia, furono inviati da Roma tre Fabi, che convincessero i Galli a rinunciare all'assalto. Tra questi uno, contro il diritto delle genti, avanzò sul campo di battaglia e uccise il comandante dei Senoni. A causa di questo fatto, i Galli, essendo stati chiesti ambasciatori per la resa e non essendo stati ottenuti, aspirarono a Roma e abbatterono l'esercito dei romani presso il fiume Allia. I Galli entrarono da vittoriosi in città, dove dapprima onorarono come dei i più nobili fra gli anziani, poi li uccisero come uomini. La gioventù rimasta fuggì con Mallio sul Campidoglio, dove fu salvato dalla virtù di Camillo. Camillo poi, che nel frattempo era stato eletto dittatore, all'improvviso uccise i Galli e trattenne il popolo romano, che voleva migrare a Veio. Così egli restituì la città ai cittadini e i cittadini alla città. 

Carriera di Temistocle (I)

Themistocles, Neocli filius, Atheniensis fuit. Huius vita ineuntis adulescentiae magnis sunt emendata virtutibus, adeo ut anteferatur huic nemo, pauci pares putentur.Sed ab initio eius vita est ordienda.Pater eius Neocles generosus fuit.Is uxorem Alicarnassiam civem duxit, ex qua natus est Themistocles.Qui cum minus esset probatus parentibus, quod et liberius vivebat et rem familiarem neglegebat a patre exhaeredatus est.Quae contumelia non fregit eum, sed elexit.Nam cum indicasset sine summa industria non posse eam exstingui, totum se dedit rei publicae, diligentius amicis famaeque serviens.Multum in iudiciis privatis versabatur, saepe in contionem populi prodibat; nulla res maior sine eo gerebatur, celeriter,  quae opus erant, reperiebat, facile eadem oratione axplicabat.Neque minus in rebus gerendis promptus quam excogitandis erat, quod et de instantibus, ut ait Tucidides, verissime indicabat et de futuris calidissimae coniciebat.Quo factum est, ut brevi tempore illustraretur.



Temistocle,figlio di Neocle,era ateniese.I difetti di quello dell'adolescienza furono corretti da grandi virtù, a tal punti che non và preferito nessuno a lui e pochi sono considerati pari di lui.Ma bisogna cominciare dall'inizio.Suo padre Neocle fu magnanimo.Lui sposò una donna,cittadina d'Acarnania, dalla quale nacque Temistocle.Questo,non essendo approvato dai genitori, e poichè viveva in modo fin troppo libero e trascurava il patrimonio familiare, fu diseredato dal padre.Questo insulto non lo avvilì ma lo incoraggiò.Infatti,avendo ritenuto che questa questa non poteva essere cancellata senza somma operosità, si dedicò tootalmente allo stato,servendo più diligentemente gli amici e l'opinione pubblica.Si occupò molto di processi di interesse pubblico,spesso prendeva parte durante all'assemblea popolare;nessuna cosa di una certa importanza era trattata senza di lui;velocemente trovava gli argomenti che occorevano, facilmente spiegava la stessa orazione.Come afferma Tucidide,giudicava in maniera molto sincera la cose presenti e prediceva il futuro in modo molto accorto.In questo mod accadde in breve tempo divenne famoso.

Ferrer

Egisto

Don Rodrigo

Don Abbondio

Conte Attilio

Cardinale Borromeo

Tonio e Gervaso

Renzo

Podestà

Oste

Nibbio

Monaca di Monza

Lucia

Innominato

Il vecchio malvissuto

Griso

Fra' Cristoforo

Azzeccagarbugli

Agnese

Personaggi Promessi Sposi

Don Abbondio

Capitolo 1

Capitolo (I)
"Quel ramo del lago di Como" con questo novenario rimasto celebre si apre la descrizione del paesaggio della cittadina di Renzo e Lucia che sembra quasi essere descritto dalla mano di un pittore,che ne delinea le curve con estrema maestria .In una delle strade, Don Abbondio passeggia, come d'abitudine, leggendo il breviario, ma ad una biforcazione della strada, nei pressi di un tabernacolo dipinto, incontra i due bravi. Hanno i capelli lunghi racchiusi in una reticella dalla quale esce solo un grande ciuffo che ricade sulla fronte . A questo punto Manzoni compie un ampia digressione (un approfondimento) in cui descrive con grande accuratezza come sono vestiti i bravi e riporta alcune "grida" contro di loro che si erano rivelate inefficaci.I bravi erano degli uomini al servizio dei potenti incaricati di svolgere al loro posto atti di violenza e di sopraffazione. Questi,dopo aver chiesto a Don Abbondio delle informazioni sul matrimonio che avrebbe dovuto celebrare tra Lorenzo Tramaglino e Lucia Mondella, minacciano di morte il curato con la frase:"questo matrimonio non s'ha da fare,nè ora,nè mai!". Spaventato, si dichiara più volte disposto all'obbedienza, specie quando sente il nome di don Rodrigo, il padrone dei due bravi. A questo punto Manzoni descrive il carattere di Don Abbondio usando queste due espressioni: "non era un cuor di leone" e " era come un vaso di terracotta in mezzo a vasi di ferro" infatti don abbondio non era divenuto sacerdote per vocazione ma per difendersi dai più forti inserendosi in una classe ben protetta. Quindi spiega come Don Abbondio affronti ogni suo problema mettendosi sempre dalla parte del più forte. Tornando verso casa inizia a pensare che questa storia sia tutta colpa dei giovani che "si vogliono maritare perchè non hanno nient'altro da fare" e arrivato a casa non riesce a nascondere a Perpetua la sua agitazione che lo costringe a rivelare cosa gli sia accaduto.Nonostante la domestica gli avesse consigliato di mandare una lettera al cardinale Don Abbondio,per paura di essere ucciso, decide di ritirarsi nelle sue stanze.

MI HA COLPITO PARTICOLARMENTE: La descrizione accurata dell'aspetto dei bravi/le metafore proposte da Manzoni per descrivere Don Abbondio/L'armoniosa descrizione del paesaggio come se fosse visto dall'alto.