lunedì 28 maggio 2012

Accusa a Vatinio

Accusa a Vatinio (Autore: Cicerone)


 Isi tantum modo, Vatini, quid indignitas postularet spectare voluissem, fecissem id quod his vehementer placebat, ut te, cuius testimonium propter turpitudinem vitae sordisque domesticas nullius momenti putaretur, tacitus dimitterem; nemo enim horum aut ita te refutandum ut gravem adversarium aut ita rogandum ut religiosum testem arbitrabatur. sed fui paulo ante intemperantior fortasse quam debui; odio enim tui, in quo etsi omnis propter tuum in me scelus superare debeo, tamen ab omnibus paene vincor, sic sum incitatus ut, cum te non minus contemnerem quam odissem, tamen vexatum potius quam despectum vellem dimittere. qua re ne tibi hunc honorem a me haberi forte mirere, quod interrogem quem nemo congressu, nemo aditu, nemo suffragio, nemo civitate, nemo luce dignum putet, nulla me causa impulisset nisi ut ferocitatem istam tuam comprimerem et audaciam frangerem et loquacitatem paucis meis interrogationibus inretitam retardarem. etenim debuisti, Vatini, etiam si falso venisses in suspicionem P. Sestio, tamen mihi ignoscere, si in tanto hominis de me optime meriti periculo et tempori eius et voluntati parere voluissem. sed (te) hesterno (die) pro testimonio esse mentitum, cum adfirmares nullum tibi omnino cum Albinovano sermonem non modo de Sestio accusando, sed nulla umquam de re fuisse, paulo ante imprudens indicasti, qui et T. Claudium tecum communicasse et a te consilium P. Sesti accusandi petisse, et Albinovanum, quem antea vix tibi notum esse dixisses, domum tuam venisse, multa tecum locutum dixeris, denique contiones P. Sesti scriptas, quas neque nosset neque reperire posset, te Albinovano dedisse easque in hoc iudicio esse recitatas. in quo alterum es confessus, a te accusatores esse instructos et subornatos, in altero inconstantiam tuam cum levitate tum etiam periurio implicatam refellisti, cum, quem a te alienissimum esse dixisses, eum domi tuae fuisse, quem praevaricatorem esse ab initio iudicasses, ei te quos rogasset ad accusandum libros dixeris dedisse.

Se io avessi esclusivamente considerato, Vatinio, il tuo modo di essere tanto spregevole, avrei fatto una cosa che avrebbe mandato in visibilio tutti i presenti: ti avrei lasciato andare senza una parola, te e le tue testimonianze che non valgono niente, inficiate, quali sono, da una vita sporca e sregolata; tra il pubblico, infatti, non ci sarebbe stato nessuno disposto a credere che tu meritassi di venire confutato come un pericoloso avversario o interrogato come il più attendibile dei testi. O forse poco fa non ce l’ho proprio fatta a trattenermi e probabilmente ho anche esagerato; ma io ti odio, Vatinio, e non sono il solo: quanto a sentimenti ostili nei tuoi confronti dovrei battere tutti, perché contro di me hai agito da delinquente, eppure sono tra i tuoi detrattori più tiepidi, quasi tutti ti odiano più di me. E così, visto che in me il disprezzo è pari all’odio, non mi è piaciuta l’idea di vederti andar via tra i fischi e le minacce, senza averti dato una bella lezione. Perciò non ti stupire che io ti conceda l’onore di interrogarti, abbassandomi al livello di chi nessuno reputa degno di un po’ di compagnia, di due parole dette in confidenza, del diritto di voto e di cittadinanza, della luce stessa del sole: non l’avrei mai fatto, niente e nessuno sarebbe riuscito a convincermi se non mi fossi imposto di soffocare questa tua arroganza e di spezzare la tua sfrontatezza, arginando la fiumana delle tue parole con poche mie domande. Ora poniamo il caso che Publio Sestio abbia a torto sospettato di te: tu, però, Vatinio, non puoi assolutamente prendertela con me se in una circostanza tanto critica per un uomo che si è sempre comportato più che bene con me, io ho voluto mettermi in gioco, assecondando il suo volere e cedendo alla difficoltà del momento. Poco fa, senza neanche accorgertene, sei caduto in palese contraddizione, dimostrando così di avere testimoniato il falso quando ieri hai affermato di non aver mai scambiato neppure una parola con Albinovano su nessun argomento, tanto meno sull’accusa di Sestio; hai, infatti, detto che Tito Claudio ti ha cercato e ti ha chiesto un consiglio sulla querela mossa a Publio Sestio; Albinovano, poi, che, stando alla tua precedente testimonianza, tu quasi non conoscevi, si è presentato a casa tua e tu gli hai consegnato copia di quei discorsi di Publio Sestio, introvabili e sconosciuti per lui, che sono stati letti poco fa in questo tribunale. Da una parte, quindi, hai ammesso di esserti procacciato gente senza scrupoli, disposta ad accusare, e di averla corrotta; dall’altra, hai fornito ulteriore prova della tua leggerezza, aggravata per di più da un comportamento superficiale e spergiuro. Come? Raccontando che chi avevi definito un perfetto estraneo, è stato a casa tua; all’inizio del processo lo avevi giudicato un prevaricatore, ma ora si è saputo che gli hai fornito su sua richiesta documenti indispensabili per accusare Sestio.

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